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martedì 28 agosto 2012

S.r.l. semplificata. Dal 29 agosto lo start-up dei notai


Da domani 29 agosto i notai potranno presentare presso il Registro delle Imprese atti costitutivi di s.r.l in forma semplificata. Il Ministero della Giustizia, lo scorso 23 giugno, con il decreto n. 138, ha predisposto il modello di statuto da adottarsi per le società in questione. Si tratta di un insieme di regole standard, semplificate il più possibile rispetto a una " Srl classica", esse hanno come caratteristica principale la standardizzazione della forma di elaborazione dell'atto. In base alle disposizioni del legislatore, la forma basica dello statuto potrà essere implementata (con alcune eccezioni), nei caratteri e nella forma esclusivamente prevista per la società a responsabilità limitata semplificata. A titolo d'esempio, si consideri la possibilità di meglio adattare le prerogative dei soci in termini di trasferimento delle quote. In questo caso, infatti, è possibile attingere alle regole previste dalla normale Srl (per il trasferimento delle partecipazioni, art. 2469 comma 1, c.c.), ad implementazione dello statuto semplificato. La normativa, in merito all'applicazione o meno di ulteriori elementi "personalizzanti" è ben chiara: in mancanza di specifici riferimenti a elementi tipici della Srl  oppure estranei, si considererà valido lo schema standard di statuto della Srl semplificata.
Le novità principali alla base della nuova disciplina societaria, sono state elaborate al fine di rendere di maggiore attrattività l'aggregazione sociale in forme imprenditoriali soprattutto per i giovani, pertanto, gli elementi che contraddistinguono fortemente la Srl semplificata sono: semplicità e economicità nella costituzione.
Rispetto ad una Srl classica, le novità più rilevanti per la Srl semplificata sono:
  1. età dei/del soci/o: non superiore al 35º anno d'età, la verifica formale è affidata al notaio;
  2. capitale sociale: può variare da un minimo di 1 euro a massimo 9.999,99 euro. Dovrà essere interamente versato al momento della costituzione;
  3. denominazione sociale: oltre al nome della società dovrà seguire la dicitura "società a responsabilità limitata semplificata" e le specifiche sedi (principali e secondarie) dei comuni dove è svolta l'attività;
  4. cessione di quote: coerentemente alle disposizioni anagrafiche della costituzione, è vietata la cessione di quote a soggetti che non abbiano i requisiti di età stabiliti per la Srl semplificata;
  5. amministrazione e gestione: la società può nominare uno o più amministratori a patto che questi siano soci della stessa società;
  6. assemblea: se si prevede di affidare le decisioni all'organo assembleare, questo dovrà essere presieduto dall'amministratore/i o presidente unico della società.

Oltre alla riduzione del capitale sociale minimo di costituzione, sono previsti una serie di vantaggi economici in sede di nascita della Srl semplificata. Nello specifico, si ha esenzione di:
  • diritti di segreteria per la comunicazione unica al registro delle imprese;
  • imposta di bollo;
  • oneri notarili di base (non si esclude l'applicazione di costi di natura accessoria).

LS

lunedì 13 agosto 2012

Ipoteca iscritta anche in caso di sospensione della cartella esattoriale


L’ipoteca del concessionario resiste anche alla sospensione dell’esecutività della cartella di pagamento eventualmente accordata dal giudice tributario. O meglio, il provvedimento di sospensione della cartella esattoriale non è di ostacolo all’iscrizione ipotecaria. Lo snodo cruciale del problema è il rapporto tra l’ipoteca, disciplinata dagli articoli 2808 e seguenti del codice civile, e quella di cui all’articolo 77 dpr 602, del 1973. La prima «attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione». La seconda invece ha diversa natura. Il disposto di cui all’articolo 77, comma 2, dpr 602/73 prevede che se l’importo complessivo del credito per cui si procede non supera il 5% del valore dell’immobile da sottoporre a espropriazione, l’agente della riscossione, prima di procedere all’esecuzione, deve iscrivere ipoteca. In questo caso, l’iscrizione ipotecaria non ha natura esecutiva, ma di garanzia reale e rientra tra le facoltà dell’agente della riscossione. L’eccepita sospensione dell’esecutorietà dell’atto per il quale è stata eseguita l’iscrizione ipotecaria, non ha alcuna ripercussione La sospensione dell’esecuzione non inficia, comunque, gli atti esecutivi precedentemente posti in essere, inibendo esclusivamente la prosecuzione della procedura. Peraltro, sempre in tema di contenzioso, l’articolo 19, comma 1, lettera e-bis), del dlgs 546/1992, prevede l’impugnabilità dell’iscrizione di ipoteca, ma non della comunicazione dell’iscrizione. Questa, infatti, non viene notificata, ma solo comunicata ex articolo 6 della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) e articolo 21-bis della legge 241/1990 (sul procedimento amministrativo). Ne consegue che la comunicazione ha l’esclusivo scopo di rendere edotto il contribuente della garanzia reale attuata dall’agente della riscossione, scopo che si ritiene conseguito con la comunicazione dell’avvenuta iscrizione, dei titoli esecutivi che la giustificano, degli immobili colpiti, dell’importo iscritto, delle modalità di impugnazione dell’iscrizione avanti la Commissione tributaria competente.

venerdì 10 agosto 2012

Le opzioni come strategia di market holding

Nei mercati azionari, così come in tutti mercati dei derivati, esistono innumerevoli sistemi di negoziazione che hanno come obiettivo finale quello di creare un ritorno economico tra le parti interessate. Una strategia di negoziazione (trading) abbastanza comune agli operatori del settore è lo scalping. Lo scalping si basa sull'acquisto ad un prezzo bid e la vendita ad un prezzo ask in un frame temporale brevissimo. In questo modo, accade che analizzando ogni singola operazione i profitti per ogni singolo trader potrebbero essere molto piccoli, però, se estendiamo questa concezione ad un numero multiplo di operazioni con successo giornaliere, è chiaro che ci dobbiamo aspettare profitti significativi. Una strategia di scalping in ogni modo richiede mercati particolarmente liquidi, se consideriamo il mercato petrolifero e quindi tutti prodotti ad esso correlati possiamo ben pensare che il vincolo della liquidità viene pienamente rispettato. Una strategia alternativa di trading, considera la speculazione direzionale in base ai movimenti previsti del contratto sottostante. Se uno speculatore riesce ad anticipare correttamente le direzioni del mercato, prendendo una corretta posizione, questo può aspettarsi dei profitti. Ma, anche quando i mercati si muovono nella direzione prevista, investire con le stesse regole per esempio in opzioni può essere non necessariamente profittevole. Esistono innumerevoli forze che interagendo tra di loro possono influenzare il prezzo di un'opzione oppure di un futures. Se, la sola analisi di un trader si basa sul movimento direzionale, sarà sicuramente coveniente prendere una posizione sull'attività sottostante piuttosto di utilizzare strumenti derivati. È bene a questo punto ricordare che la maggior parte dei trader che operano all'interno di compagnie quali hedge fund, banche d’investimento e market making, utilizzano strategie di spread trading. Dato che le opzioni sono valutate in base alla legge della probabilità dato che la legge della probabilità può avere un risultato positivo in un'estensione temporale troppo lunga, operare in opzioni comporta spesso mantenere posizioni per periodi di tempo molto lunghi. Sfortunatamente, andare oltre periodi di attesa brevi, comporta assumersi il rischio che  causa di cambiamento delle condizioni di mercato facendo si che il derivato assuma prezzi tali da compromettere profitti inizialmente stimati. Infatti, oltre il breve periodo non vi sono garanzie che un'opzione reagisca proporzionalmente all'attività sottostante e quindi considerando il prezzo teorico. Una strategia di spread trading consente agli operatori di trarre profitti (arbitraggi) nel momento in cui le opzioni non incorporino il "giusto prezzo", in questo modo, sono in grado di ridurre l'effetto negativo dato dal cambiamento repentino delle condizioni di mercato garantendosi quindi un buon margine di sicurezza nel portare a maturazione una opzione.

LS

giovedì 9 agosto 2012

LIE – Lista italiani lavoratori all’estero. Dal 15 settembre le istanze anche on line


La procedura si rivolge sia alle aziende, che devono presentare le richieste di autorizzazione per l’invio di lavoratori italiani (o comunitari) in paesi extra Ue per attività di lavoro; e sia i cittadini, italiani e comunitari, che desiderano intraprendere esperienze di lavoro in paesi extra Ue, i quali a tal fine devono iscriversi nella Lista e ottenere il preventivo nullaosta al lavoro. Il sistema Lie, inoltre, interessa anche lo stesso ministero del lavoro, che gestisce i dati della lista, e il ministero degli affari esteri, che è chiamato a esprimere un parere preventivo sui dati di sicurezza nei paesi extra d’invio dei lavoratori.
Dal 15 settembre, le istanze andranno presentate dal sistema telematico «Lie» (lista degli italiani che intendono lavorare all’estero) presente sul portale internet Cliclavoro (www.cliclavoro.gov.it) del ministero del lavoro. Fino al 31 gennaio 2013, tuttavia, le domande si potranno presentare anche su carta. Lo spiega il ministero del lavoro nella nota protocollo n. 11377/2012.
La novità interessa la procedura di autorizzazione al lavoro all’estero, per la quale è stato sviluppato il nuovo sistema informativo Lie.
Attualmente le domande per il rilascio del nulla osta vanno presentate al ministero del lavoro e una copia è spedita alla direzione regionale del lavoro competente in base alla sede del richiedente. L’autorizzazione è rilasciata entro 75 giorni (90 giorni se presentata dall’estero). Con la recente nota, il ministero comunica la de materializzazione dell’intero procedimento che viene trasferito su un sistema informativo, operativo a partire dal 15 settembre con un periodo sperimentale fino al 31 gennaio 2013. Durante questo periodo verranno accettate anche le richieste in modalità cartacea. Al termine, ossia dal 1° febbraio 2013, tutte le richieste andranno presentate esclusivamente per via telematica.

mercoledì 8 agosto 2012

Carcere per l'imprenditore che dispone stipendi inferiori al netto in busta


Un problema particolarmente sentito nel nostro paese, soprattutto nel sud Italia, riguarda la cattiva consuetudine di elargire uno stipendio ai dipendenti privati inferiore rispetto a quanto riportato in busta paga. È la condizione tipica nella quale si ritrovano migliaia di persone che, costrette a subire condizioni lavorative sfavorevoli, accettano di malgrado un trattamento economico iniquo. Lo svantaggio principale sottostante questo tipo di pratica è la disparità fiscale in capo al dipendente che accetta tale costrizione rispetto al lavoratore che percepisce uno stipendio in linea al cedolino. In pratica, il primo, non solo dovrà accontentarsi di una retribuzione inferiore, ma si ritroverà costretto a pagare imposte (sottoforma di trattenute) su emolumenti mai percepiti. Dall’altra parte invece, l’imprenditore disonesto, oltre a garantirsi un vantaggio competitivo dato dall’imputazione a costi della produzione di oneri mai sostenuti, potrà utilizzare questo sistema come prassi di ribasso generalizzato delle retribuzioni.
Con la sentenza 31535/12, pubblicata il 3 agosto dalla seconda sezione penale della Cassazione: l’imprenditore che impone ai suoi dipendenti stipendi più bassi di quelli che risultano dai cedolini dovrà rispondere del reato di estorsione con pene che vanno dall’ammenda al carcere. Alla base della sentenza in oggetto vi è la legittimità dell’imputazione a reato di estorsione, quest’ultimo pertanto, si prefigura come quella condotta del datore di lavoro che, di fronte alla legittima aspettativa di assunzione da parte del lavoratore, costringe l’aspirante dipendente ad accettare condizioni di lavoro contrarie alla legge e ai contratti collettivi. Lo stesso vale per il datore che, nell’imporre le pratiche illegali si approfitti delle condizioni del mercato del lavoro, dove l’offerta prevale sulla domanda.
Un passo sicuramente importante della giurisprudenza volto a contrastare il fenomeno. Il problema però potrà essere seriamente contrastato nel momento in cui, in seguito alla denuncia del dipendente di paga non conforme, si attivino quegli strumenti legislativi atti alla sua tutela.

LS

martedì 7 agosto 2012

Guerre e prezzo del petrolio. Due fenomeni correlati?


Si potrebbe pensare che i conflitti bellici che hanno interessato e che tutt'oggi interessano il Medioriente siano i diretti responsabili delle variazioni del prezzo del petrolio. Purtroppo questa correlazione risulta essere ben più lontana dalla realtà. Una più probabile relazione, forse, potrebbe essere verificata dal fatto che lo scoppio di una guerra comporti la riduzione se non l'interruzione della produzione che a sua volta si riflette in una contrazione dell'offerta e che quindi potrebbe avere come conseguenza forti variazioni dei prezzi. Una visione più accurata del fenomeno porta a considerare come in risposta di una guerra o quanto meno di una minaccia di conflitto nel Medioriente, c’è un aumento della domanda “precauzionale” di petrolio (nel dubbio si tende ad accumulare), la quale a sua volta, porterà ad un aumento del prezzo del petrolio. Tutto ciò è sensibilmente verificabile quando l'offerta di greggio risulta inelastica al pari di quando i produttori attraverso fasi di inefficienza produttiva. In quest'ultima interpretazione, la guerra muove la domanda di petrolio invece che l'offerta. Si ha quindi uno spostamento della curva della domanda poiché i consumatori di petrolio cominciano ad accumulare scorte quando avvertono la sensazione di un'imminente riduzione dell'offerta petrolifera. Questa seconda interpretazione potrebbe aiutarci a spiegare le diverse similitudini e differenze che si sono susseguite durante ogni conflitto bellico.
La più grande limitazione è constatabile dal fatto che grandi movimenti di prezzo sono la conseguenza di cambiamenti inosservabili e a volte di aspettative imprevedibili. Nell'analisi dei conflitti bellici riguardanti l'andamento dell'offerta e della domanda, dobbiamo considerare un ulteriore aspetto che a volte viene tristemente tralasciato: la diversa intensità di variazione dei prezzi che ogni conflitto bellico causa. Per esempio, analizzando i grafici precedenti (2 e 3), possiamo notare come nonostante i tagli di produzione avvenuti in seguito al conflitto Iran-Iraq del 1980 e la guerra del Kuwait 1990, gli effetti che si sono avuti in termini di shock di prezzo sono stati benché diversi: la guerra del Kuwait fece registrare uno shock dei prezzi molto più accentuato rispetto al conflitto Iran-Iraq. Curiosamente però Hamilton (2003) fece notare come nonostante la marcata differenza di prezzi registratasi, la differenza produttiva per ambedue i conflitti fu curiosamente simile: 7.2% e 8.8%.
Un ulteriore elemento che merita attenzione nell’analisi degli shock petroliferi del passato, è il coefficiente tempo di alcuni dei più grandi aumenti di prezzo che hanno visto una forte influenza politica. Per esempio, durante il 1979 l'aumento dei prezzi fu  costante per più di metà anno, questo infatti venne attribuito come conseguenza della Rivoluzione Iraniana (successivamente si assisterà all'entrata in guerra del paese contro l’Iraq 1980). Inoltre, pur non mettendo in dubbio il taglio produttivo di quel periodo come conseguenza della rivoluzione, non è chiaro come i tagli temporanei di produzione avvenuti dopo l'ottobre del 1978 possano essere correlati ad una rapida  escalation del prezzo del petrolio registratasi successivamente al maggio 1979.
Curiosamente è possibile notare come gli aumenti di prezzo del 1979-1980 siano completamente diversi da quelli che seguirono i conflitti del 1990; differenza dei picchi di prezzo raggiunti che si susseguirono nella fase post bellica. Non è chiaro anche il perché di una diversa reazione in termini di variazione di prezzo nonostante la natura degli shock fu identica e neanche un aumento dei prezzi successivo al ripristino delle esportazioni da parte dell’Iran.
L'evidenza pone in luce la mancanza di una correlazione perfetta tra i tagli di output causati dalle guerre e l'aumento del prezzo del petrolio. Invece, l'effetto dipende moltissimo dalla risposta degli altri produttori di petrolio (per esempio Arabia Saudita paese con la più alta capacità di accumulazione) e dalle condizioni della domanda sul mercato del greggio. Entrambe riflettono la condizione macroeconomica globale e quindi pongono in evidenza le eventuali paure dei consumatori in merito al futuro livello di output. Sebbene l'incertezza sul futuro andamento produttivo potrebbe far muove il prezzo di petrolio anche in assenza di fenomeni bellici probabili, un caso di particolare interesse potrebbe essere quello inerente alla guerra dell’Iraq nel 2003. Come si evince da grafico 2 la guerra irachena fu chiaramente anticipata in termini di variazione dei prezzi, questo caso è completamente diverso dagli altri conflitti registratisi in passato. Tutti gli aumenti di prezzo osservati potrebbero essere imputati ad una escalation di incertezza globale. Il confrontando dei dati relativi all'andamento dei prezzi nell'estate del 2002 (quando la possibilità di un nuovo conflitto iniziò ad essere oggetto di discussione) e i prezzi del greggio nel marzo 2003, fecero aumentare il livello di incertezza (a causa di una probabile escalation di conflitto) con variazioni di prezzo che oscillarono tra i 50 e 60 dollari al barile. Questo risulta essere approssimativamente lo stesso ammontare per il quale il prezzo registrò una discesa al termine della guerra.
 Sicuramente, un aumento della paura riguardante l'offerta futura di petrolio che interessa esclusivamente un paese potrebbe estendersi a macchia d'olio anche per i restanti paesi produttori del Medioriente. In particolar modo ogni paese interessato da effetti avversi sulla stabilità politica genererà conseguentemente un clima d’incertezza. Similmente, avversità quali per esempio gli attacchi dell'11 settembre 2001, la guerra in Afganistan, l'invasione del Libano da parte di Israele nel 1982 e i conseguenti scontri con la Siria o la questione riguardante la striscia di Gaza ed i suoi territori occupati hanno delle ripercussioni sulla stabilità politica su tutti i maggiori produttori di petrolio e di conseguenza, ogni evento, può determinare un cambiamento di aspettative sull'andamento del prezzo del greggio. A volte però nonostante questioni politiche rilevanti che abbiano come conseguenza un conflitto bellico non si verificano estreme variazioni dei prezzi, tutto questo porta confermare la nostra tesi in merito alla mancanza di correlazione perfetta tra eventi politici e paura di un'interruzione della produzione petrolifera. Mabro (1998) afferma che in assenza di rigidità della domanda del mercato petrolifero, incandescenze politiche sono  improbabili nello spostare la curva dei prezzi del petrolio.

LS

lunedì 6 agosto 2012

Quando i titoli di stato erano risk free


Fino a qualche tempo fa con l'espressione risk free identificavamo quel benchmark di rendimento collegato ai titoli a “rischio nullo”:  per antonomasia i titoli di stato (T-Bond). Il risk free (d'ora in avanti rf) rappresentava quel cuscinetto sicuro al di sotto del quale i rendimenti dei propri risparmi o investimenti non sarebbero mai andati. Lo stesso indicatore era ed è alla base dei principali teoremi finanziari che studiano le combinazioni rischio rendimento. Per esempio, nel modello del CAPM (Capital Asset Pricing Model), si conviene nell’identificazione del Market Risk Premium come quella componente aggiuntiva di rendimento dato per accettare un rischio d’investimento maggiore del risk free. È come se dovessimo dare un prezzo a due opzioni del tipo: percorrere una strada più lunga dell’altra. Sicuramente, caeteris paribus, percorrere la strada più lunga avrà un prezzo maggiore rispetto l’opzione di percorrere quella più breve. Nello stesso modo, accettando un rischio maggiore, l’investitore razionale pretenderà un rendimento maggiore rispetto ad una attività priva di rischio.

Quello che sta accadendo negli ultimi tempi sembra davvero stravolgere tutte le teorie finanziarie fino ad ora elaborate. È mai davvero possibile che l’incremento esponenziale del rendimento dei titoli di stato italiani e spagnoli siano da giustificare nell’aumento della percezione di rischio da parte degli investitori? Se investire nello stato rende tra il 6 e il 7% (rf), quanto allora dovrebbe realmente rendere investire in obbligazioni, azioni, depositi, ecc.?

La risposta unica alle domande che ho posto a me stesso è semplicemente: “l’opposto”. Prendiamo per esempio il rendimento di un semplice conto deposito (min. 2 max 5%),le obbligazioni di importanti aziende italiane (es. Eni max 6%). Il paradosso va ricercato nel fatto che, il maggior rendimento richiesto per accettare maggior rischio (MRP) sia diventato meno remunerativo di un risk free. Sarebbe azzardato dire che il MRP e il RF si sono scambiati i ruoli?

Un ulteriore pagina della storia della finanza sembra si stia scrivendo negli ultimi tempi. I paradossi più eclatanti vanno dall'eccessiva volatilità dei titoli di stato italiani e spagnoli al rendimento negativo registrato negli ultimi giorni dai titoli di stato tedeschi: rendimento negativo. Vediamo nel dettaglio cosa vuol dire. Significa che gli investitori, pur di mantenere una posizione di “sicurezza” del proprio capitale preferiscono investirlo in attività a rendimento zero (negativo al netto dell'inflazione) piuttosto che mantenere posizioni liquide, sicuramente più esposte alle impennate inflazionistiche di breve periodo. Nella posizione opposta invece, troviamo i titoli italiani e spagnoli, fortemente colpiti dalla speculazione finanziaria degli ultimi tempi, si tratta di bond che, pur garantendo un determinato rendimento a breve, medio o lungo termine, sono altamente influenzati dalle oscillazioni di prezzo del valore nominale.
Nello specifico, quando i tassi di rendimento dei titoli di stato aumentano a causa di un incremento del rischio percepito dagli investitori, il relativo valore nominale diminuisce.

In pratica, nello scenario economico attuale, investendo in obbligazioni di stato ad alta volatilità significa accettare un rischio perdita alto, specialmente nel breve periodo. Il rendimento (certo) che assicura lo stesso titolo, potrebbe essere cancellato dalla variazione del valore nominale dell'attività sottostante.
È davvero giusto continuare a parlare di titoli di stato come investimenti risk free?


 LS

venerdì 3 agosto 2012

La razionalità limitata nello start-up


Negli ultimi tempi, a causa della contrazione del mercato del lavoro e della pungente crisi economica, tante piccole realtà imprenditoriali cercano la loro opportunità per nascere e svilupparsi, in parole povere: “tanta voglia di start-up”. È sicuramente positivo, in particolar modo per i giovani avere la capacità di pensare e sviluppare soluzioni innovative da trasformare in concrete realtà imprenditoriali, nello stesso tempo però la scarsa conoscenza e l’eccessiva aleatorietà del percorso imprenditoriale che si vuole seguire sono causa di insuccesso dell’iniziativa.
L’errore più comune che si commette nel voler diventare imprenditori è omettere al nostro “spirito del fare” alcune domande fondamentali. Si è infatti portati ad immaginare quale sarà il risultato finale della nostra iniziativa piuttosto che quale sarà il percorso da seguire per arrivare al conseguimento di un risultato specifico. Nella mia esperienza da consulente, ho incontrato spesso tanti ragazzi pieni di idee e tanta voglia di fare ma carenti di metodo, significa: aver incontrato potenziali imprenditori che avevano in mente un “ideale”, diverso dall’idea, senza gli strumenti conoscitivi atti alla realizzazione.
Credo fermamente che, il percorso di un giovane imprenditore nella nascita di una Start-up sia complicato e pieno di insidie da superare, l’idea d’impresa comporta sacrifici, in primis di tipo economico ma anche di tempo da dedicare e soprattutto costanza sul percorso da seguire, e voglia di conseguire un risultato. È per questo motivo che, nella fase “embrionale” dello sviluppo di un’idea imprenditoriale, cerco di comunicare al futuro imprenditore l’importanza dell’autoanalisi attraverso la risposta ad alcune semplici domande: 1-Come intendi sviluppare il tuo percorso d’impresa; 2-pensi di riuscire a sopportare finanziariamente l’impresa che andrai a creare; 3- quali sono le caratteristiche che identificano al meglio il prodotto/servizio che andrai a offrire; 4- come immagini il risultato finale.
Sono delle semplici domande che contraddistinguono chi effettivamente è in grado di diventare imprenditore e chi no. Del resto, il ruolo che identifica il “prenditore di rischio” non è per tutti, non si tratta di una discriminante sulle capacità individuali, bensì consapevolezza di comprendere come non possiamo essere tutti imprenditori, tanto quanto tutti dipendenti. Un sistema economico efficiente di fatti, si compone di buoni imprenditori e buoni operai, ad ognuno il ruolo che gli compete…
Ritornando alla nascita dell’idea d’impresa accomunata da individualità davvero predisposte, è bene evidenziare come, nello start-up, spesso e volentieri non si è in grado di agire, è come se tante belle idee rimanessero appese ad un albero. È proprio questa, a mio modesto avviso, una delle fasi fondamentali per lo sviluppo dell’idea, solamente una consulenza mirata e in grado di comprendere una buona parte della variabili, può essere di notevole aiuto.
Herbert Alexander Simon, una delle più fulgide menti del secolo scorso, affermava che: “Gli uomini agiscono in catene tendenzialmente ininterrotte di mezzi e di fini, dove ogni azione serve a prepararne un’altra e queste catene consentono di affermare che, in linea principio, i comportamenti di umani, e nello specifico i comportamenti economici-amministrativi, sono orientati da criteri di razionalità limitata…”. L’obiettivo di questa citazione è importate per comprendere il ruolo “della razionalità limita” che l’imprenditore, nella fase di “eccentrica enfasi iniziale” potrebbe avere.
Penso quindi che, lo sviluppo e la nascita d’impresa debbano seguire un percorso ben definito: da una parte un attento studio e mappatura logica dei processi economici e amministrativi (ruolo che dovrebbe coprire il consulente), dall’altra, il vero imprenditore libero di sviluppare e testare le diverse congetture teoriche e pratiche della sua business idea. 

LS

giovedì 2 agosto 2012

Pubblicità sulle gru: superato il limite dimensionale si paga.


A breve, i cartelloni pubblicitari “fuori misura” apposti sulle gru dei cantieri, dovranno pagare la tassa pubblicitaria comunale.  Il nuovo provvedimento è datato 26 luglio 2012, è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ed è stato anticipato sul sito del dipartimento delle finanze. Esso definisce le modalità applicative dell’imposta comunale sulla pubblicità per queste fattispecie, in base alle prescrizioni dell’art. 3, comma 16-sexies, del dl 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.
Ad essere interessati da questa novità normativa saranno tutti i mezzi utilizzati nei cantieri edili, nello specifico sono state dettate disposizioni in merito a gru mobili e a torre, ma anche terne, scavatori, ecc. La necessità di dotarsi di un nuovo insieme di regole, nasce dalle continue dispute interpretative sviluppatesi tra i concessionari della riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e i contribuenti. La contesa fino a ieri ha riguardato le dimensioni del marchio apposto sui mezzi. Le tesi avvallate durante la controversia, da una parte hanno fatto leva sull’utilizzo del marchio dei mezzi come strumento di identificazione dell’azienda produttrice, dall’altra,  sulle dimensioni “extra large” che fanno pensare più ad un fine pubblicitario piuttosto che identificativo. Quest’ultima considerazione, è alla base della nascita del presupposto di imposizione per fini pubblicitari, da applicarsi con le modalità previste dall’art. 12, comma 1, del dlgs n. 507 del 1993.
Il nuovo provvedimento succitato, per far chiarezza sull’applicazione o meno dell’imposta sulla pubblicità, ha disposto che, non potranno essere tassate le imprese edili che appongono cartelloni pubblicitari sui mezzi da lavoro se le dimensioni d’area dei tabelloni sono contenute entro specifici limiti.

Dimensione del cartellone
Caratteristiche spaziali del mezzo
MAX 2 metri quadrati
MAX 10 metri lineari in altezza
MAX 4 metri quadrati
MIN 10.01 MAX 40 metri lineari in altezza
MAX 6 metri quadrati
Da 40.01 metri lineari di altezza in su

Per le altre tipologie di mezzi da cantiere, il MEF ha stabilito che la superficie del cartellone utilizzato, per non considerarsi pubblicità, non dovrà mai eccedere il 20% dello sviluppo potenziale in altezza.
In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, le imprese produttrici avranno sei mesi di tempo per adeguarsi alle nuove disposizioni normative.
LS 

mercoledì 1 agosto 2012

Novità dalla mediazione tributaria. Un nuovo protocollo rafforza l'istituto


La mediazione tributaria è uno strumento normativo che punta a definire le questioni in sede amministrativa, migliorando il rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria. Nei giorni passati, ha costituito oggetto di un «Protocollo d’intesa» sottoscritto dall’Agenzia delle entrate (Direzione regionale del Lazio) e l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Roma.
Un articolato testo che inquadra gli strumenti utili a favorire la mediazione tributaria (art. 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546) nella prospettiva di «migliorare la qualità degli atti amministrativi» e di «contribuire a sviluppare riconciliazione tributaria». Come è noto la mediazione tributaria offre ai contribuenti la possibilità di rappresentare rapidamente, dialogando con l’Ufficio dell’amministrazione finanziaria, le proprie ragioni al fine di difendersi rapidamente, questo nella prospettiva di «soluzioni legittime e trasparenti, rimuovendo eventuali vizi dell’atto amministrativo». D’altro canto, la mediazione rappresenta una duplice elevata opportunità, sia per l’amministrazione che per la collettività poiché mira a ridurre il peso del contenzioso di importo inferiore a 20 mila euro.

Il «Protocollo d’intesa» dispone un articolato ben dettagliato che ruota attorno agli impegni dell’Ordine, agli impegni dell’Ufficio, al monitoraggio dell’andamento della mediazione, oltre che alla divulgazione dello stesso documento protocollare ai soggetti interessati. L’Ordine ha assunto impegno a divulgare le opportunità della mediazione, a «evidenziare il carattere preventivo e obbligatorio dell’istituto», a supportare il contribuente indicando i recapiti (Pec, mail o fax) presso i quali lo stesso intende ricevere informazioni sul procedimento di mediazione. Inoltre, l’Ordine si impegna a che i propri iscritti siano sensibilizzati a partecipare, in maniera fattivamente collaborativa, al procedimento di mediazione con l’obiettivo di pervenire  in linea con il principio della giusta imposizione alla equa definizione del procedimento, nel quadro anche dei diritti sanciti dallo Statuto del contribuente.

Analogamente l’Ufficio ha assunto con il Protocollo una serie di impegni ben individuati, a cominciare dall’esame sistematico e compiuto di tutte le istanze con spirito di collaborazione. Nel caso in cui l’istanza posta risulti improponibile, l’amministrazione finanziaria comunicherà al contribuente, possibilmente entro 20 giorni, le motivazioni dell’improponibilità. L’Ufficio, oltre ad accogliere le istanze quando ne sussistano i presupposti, potrà concedere al contribuente, su sua richiesta, la sospensione, parziale o totale, dell’esecuzione dell’atto impugnato. Anche da parte dell’Ufficio, principio della giusta imposizione e diritti sanciti dallo Statuto del contribuente, dovranno ispirare un sereno contraddittorio, fino a formulare una proposta di mediazione quando ne ricorrano i presupposti.

L’amministrazione, inoltre, dovrà accuratamente informare il contribuente circa le modalità per perfezionare la mediazione e ritenere validi i pagamenti anche quando, per errore scusabile, le somme siano lievemente inferiori a quelle dovuto ovvero siano versate con lieve ritardo. Quando il procedimento evolve verso un esito negativo l’Ufficio si impegna a fornire una motivazione dettagliata e accurata del diniego dell’istanza. Nella sua parte conclusiva il Protocollo impegna le due parti, Ordine e Ufficio, a monitorare costantemente, anche attraverso incontri periodici, l’andamento della mediazione tributaria. In questa prospettiva, è prevista la costituzione di un nucleo di esperti, scelti in pari numero tra i funzionari dell’amministrazione finanziaria e gli iscritti all’Ordine di Roma, che effettui una ricognizione della giurisprudenza delle commissioni tributarie locali al fine di una efficace trattazione delle istanze di mediazione puntando a una giusta imposizione.

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