Una domanda che spesso mi viene
posta riguarda l'assoggettabilità a fallimento di un piccolo imprenditore
titolare di una ditta individuale. Nel corso degli anni passati, con l’evoluzione
della normativa sulla legge fallimentare, nuovi scenari giuridici si sono aperti
nella giungla della giurisprudenza. Ad oggi, l’art. 1 della legge fallimentare
prevede che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato
preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale,
esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.
Non sono soggetti a fallimento,
quindi, nemmeno i piccoli imprenditori
esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che pur
superando la prevalenza di lavoro altrui sul proprio (condizione per essere
artigiano):
Vincolo patrimoniale
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Attivo patrimoniale annuo
non superiore a € 300.000 nei tre esercizi precedenti la dichiarazione di
fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore.
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Vincolo economico
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Ricavi lordi per un
ammontare complessivo annuo non superiore a € 200.000 realizzati negli ultimi
tre esercizi o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore.
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Vincolo finanziario
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Debiti anche non scaduti,
non superiore ad euro cinquecentomila.
Debiti scaduti e non pagati
di ammontare non inferiore a € 30.000
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Con la sentenza n. 13542/12 pubblicata il 30 luglio 2012, viene "depotenziato"
lo status di piccolo imprenditore non assoggettabile a fallimento. La Suprema Corte evidenzia come anche il soggetto piccolo imprenditore può essere assoggettato a
procedura di recupero forzato del credito nel momento in cui vengono meno i
vincoli patrimoniali, economici e finanziari schematizzati nella tabella in alto. In
questo caso, la stessa sentenza, stabilisce come sia inutile invocare
l'inversione della prova, ovvero attribuire al creditore il compito di
dimostrare che i vincoli succitati siano stati violati. A difesa del piccolo
imprenditore, nonostante il regime di esenzione, possono far prova le scritture
contabili. Per mezzo di queste, sarà il diretto interessato (l'imprenditore) a
fornire all'autorità giudiziaria la prova inequivocabile che i vincoli in
questione non abbiano concorso al fallimento. Appare dunque chiaro che,
superato un certo volume d'affari, anche per il piccolo imprenditore sia utile, nonostante il regime opzionale, dotarsi di scritture contabili capaci di proteggerlo
da potenziali azioni estreme poste in essere dai creditori.
LS