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martedì 31 luglio 2012

Le scritture contabili salvano il piccolo imprenditore dal fallimento


Una domanda che spesso mi viene posta riguarda l'assoggettabilità a fallimento di un piccolo imprenditore titolare di una ditta individuale. Nel corso degli anni passati, con l’evoluzione della normativa sulla legge fallimentare, nuovi scenari giuridici si sono aperti nella giungla della giurisprudenza. Ad oggi, l’art. 1 della legge fallimentare prevede che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.
Non sono soggetti a fallimento, quindi, nemmeno i piccoli imprenditori esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che pur superando la prevalenza di lavoro altrui sul proprio (condizione per essere artigiano):

Vincolo patrimoniale
Attivo patrimoniale annuo non superiore a € 300.000 nei tre esercizi precedenti la dichiarazione di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore.
Vincolo economico
Ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a € 200.000 realizzati negli ultimi tre esercizi o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore.
Vincolo finanziario
Debiti anche non scaduti, non superiore ad euro cinquecentomila.
Debiti scaduti e non pagati di ammontare non inferiore a € 30.000

Con la sentenza n. 13542/12 pubblicata il 30 luglio 2012, viene "depotenziato" lo status di piccolo imprenditore non assoggettabile a fallimento. La Suprema Corte evidenzia come anche il soggetto piccolo imprenditore può essere assoggettato a procedura di recupero forzato del credito nel momento in cui vengono meno i vincoli patrimoniali, economici e finanziari schematizzati nella tabella in alto. In questo caso, la stessa sentenza, stabilisce come sia inutile invocare l'inversione della prova, ovvero attribuire al creditore il compito di dimostrare che i vincoli succitati siano stati violati. A difesa del piccolo imprenditore, nonostante il regime di esenzione, possono far prova le scritture contabili. Per mezzo di queste, sarà il diretto interessato (l'imprenditore) a fornire all'autorità giudiziaria la prova inequivocabile che i vincoli in questione non abbiano concorso al fallimento. Appare dunque chiaro che, superato un certo volume d'affari, anche per il piccolo imprenditore sia utile, nonostante il regime opzionale, dotarsi di scritture contabili capaci di proteggerlo da potenziali azioni estreme poste in essere dai creditori.

LS

lunedì 30 luglio 2012

Tirocinio Commercialista 18 mesi, ordini territoriali autorizzati a rilasciare il certificato di compiuta pratica


È del 27 luglio 2012 l’informativa n. 61 del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC) che autorizza tutti gli ordini territoriali a rilasciare il certificato di compiuto tirocinio a tutti coloro che hanno già maturato 18 mesi di pratica professionale. Il Consiglio Nazionale mette finalmente fine ad un lungo sequel di richieste di pareri ministeriali, interpretazioni normative, ecc.
La questione sembra essere stata risolta solamente per i praticanti che hanno iniziato il tirocinio ante 24 gennaio 2012, ed abbiano maturato 18 mesi di pratica. Nello specifico, i diretti interessati sono: i “tirocinanti Esperti Contabili” sez. B già in possesso del titolo di laurea triennale, e i “tirocinanti Dottori Commercialisti” se. A in possesso del titolo di laura specialistica/magistrale o di una laura del vecchio ordinamento.
Per i praticanti che hanno iniziato il “tirocinio in convenzione” agli studi universitari (convenzione del CNDCEC-MIUR del 13 ottobre 201), precedentemente la data del 24 gennaio 2012, la questione risulta ancora insoluta. Permangono quindi i dubbi interpretativi per chi ha maturato già 18 mesi di pratica contestualmente agli studi. A tal proposito si stanno valutando opzioni del tipo: 6 o 12 ulteriori mesi di  tirocinio dopo il conseguimento del titolo di studi richiesto, possibilità di integrazione con dei corsi di specializzazione ad hoc organizzati dagli ordini territoriali.
Dalla stessa informativa appare ancora aperta la questione del tirocinio per l’accesso alla Revisione contabile, da questa, si evince come il tirocinio di 18 mesi non consente l’automatica iscrizione nel Registro dei revisori legali, a motivo del permanere dell’obbligo di 36 mesi di pratica (art. 3 D.Lgs. 27 gennaio 2010, n.39). Staremo a vedere nei prossimi mesi come il Ministero della Giustizia e il Ministero dell’Economia e delle Finanze gestirà l’equipollenza fino a ieri adottata tra l’esame da Dottore Commercialista ed Esperto Contabile e l’esame da Revisore Legale.

LS

venerdì 27 luglio 2012

Imponibilità IVA “discrezionale” per le cessioni o locazioni di residenze sociali


Le imprese costruttrici di residenze sociali avranno la possibilità (scelta opzionale) di evitare sempre il trattamento di esenzione (in modo da sottrarsi alla connessa indetraibilità dell’imposta «a monte») sia sulle vendite che sulle locazioni di fabbricati, è questa l’unica modifica apportata all’art. 9 del dl n. 83/2012, in vigore da 26 giugno scorso, concernente il nuovo regime Iva delle operazioni sugli immobili, adottata alla camera in sede di conversione in legge.  In proposito, l’art. 1 di tale decreto definisce alloggio sociale «l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato».
Pertanto, riprendendo l’analisi già svolta in questo blog il 16 luglio 2012 nell’articolo: “Nuova imponibilità IVA per le cessioni ultraquinquennali di fabbricati ad uso abitativo”,  il regime di esenzione IVA applicabile alle cessioni di fabbricati ad uso abitativo da parte delle imprese costruttrici riguarda:
  • le cessioni poste in essere, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori, dalle imprese che hanno costruito oppure ristrutturato il fabbricato (in esecuzione di interventi di restauro o risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione urbanistica);
  • le cessioni poste in essere, dai medesimi soggetti di cui sopra, anche successivamente al termine di cinque anni, qualora il cedente abbia espresso l’opzione per l’applicazione dell’imposta; in questo caso, se il cessionario è un soggetto passivo l’imposta si applica con il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’art. 17, sesto comma, lett. a-bis) del dpr 633/72, come modificato dal medesimo dl n. 83/2012.
Prima del dl n. 83/2012
Dopo il dl n. 83/2012
Cedente
Regime IVA
Cedente
Regime IVA
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende entro 5
anni dall’ultimazione lavori
Ordinario
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende entro 5 anni dall’ultimazione lavori
Ordinario
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende dopo 5 annidall’ultimazione lavori
Opzionale
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende dopo 5 annidall’ultimazione lavori
Esente o imponibile con il reverse charge previo esercizio dell’opzione
Altri soggetti Iva
Esente
Altri soggetti Iva
Esente
Impresa costruttrice di abitazioni di edilizia convenzionata
Discrezionale
Impresa costruttrice di abitazioni di edilizia convenzionata
→ Esente o imponibile a discrezione del cedente ←

Le imprese possono optare per l’applicazione dell’Iva anche sulle locazioni dei fabbricati abitativi che esse stesse hanno costruito o recuperato. Analoga facoltà è prevista per le locazioni di alloggi sociali come sopra definiti. In caso di opzione per l’imponibilità, la locazione è soggetta all’aliquota del 10%.

LS

giovedì 26 luglio 2012

IVA per cassa su tutto il volume d’affari aziendale. Il nuovo limite entro 2.000.000 €



Tra le novità più interessanti del “Decreto Crescita” segnaliamo l’innalzamento del limite di fatturato da 200 mila a 2 mln di euro per poter beneficiare del nuovo regime dell’IVA per cassa.  Il nuovo impianto normativo è sorretto dall’art. 32-bis del dl 83/2012, aggiunto dal parlamento in sede di conversione, che recepisce in anticipo le disposizioni della direttiva 45/2010/Ue sulla contabilità Iva di cassa, sostituendole a quelle dell’art. 7 del dl n. 185/2008.

Funzionamento

Darà la possibilità ai contribuenti di contabilizzare il debito IVA, ovvero assolvere alla sua liquidazione, solamente all’atto del pagamento del corrispettivo. D’altra parte però, si dovrà tenere conto che, lo stesso principio varrà per le operazioni di segno opposto, quindi, le fatture di acquisto non potranno generare credito IVA non prima della rispettiva corresponsione. Trascorso un anno dall’emissione della fattura di vendita, indipendentemente dal pagamento, l’IVA dovrà essere contabilizzata, il contrario è previsto per il credito IVA derivate dalle operazioni d’acquisto: fino a quando non verrà saldato il corrispettivo non si potrà procedere all’assoggettamento dell’IVA a credito. Sono previste eccezioni al limite di un anno, per le operazioni nei confronti di cessionari assoggettati a procedure concorsuali.
Il regime dell’IVA per cassa sarà opzionale, significa che il contribuente dovrà comunicare preventivamente l’intenzione di beneficio all’amministrazione finanziaria, e riportare in fattura un esplicito riferimento al regime di cassa.

Beneficiari

I contribuenti con un volume d’affari annuo non superiore a 2 milioni di euro”. Il nuovo regime di si dovrà applicare all’intero gruppo di operazioni dell’azienda, pertanto non potranno considerarsi per cassa le singole attività selezionate in modo discrezionale, come attualmente regolamentato.
Saranno esclusi i contribuenti in regimi speciali di applicazione dell’imposta (es. regime del margine), né per le operazioni effettuate nei confronti di cessionari o di committenti che assolvono l’imposta attraverso il meccanismo dell’inversione contabile (es. subappalti edili). Sono «naturalmente» escluse dal regime di cassa, poi, le operazioni effettuate verso destinatari che non agiscono in veste di soggetti passivi.  

Risultati attesi

In termini finanziari, il nuovo regime IVA potrebbe sicuramente garantire un vantaggio finanziario soprattutto per l’azienda cedente, immaginiamo per esempio le varie possibilità  che questa potrebbe avere nel concedere ai potenziali dilazioni di pagamento entro l’anno senza doversi preoccupare della contabilizzazione e quindi successiva liquidazione del debito IVA. Complessivamente l’estensione a tutte le operazioni di un’azienda dell’IVA per cassa farà gravare in capo all’erario il costo finanziario dell’imposta.  

mercoledì 25 luglio 2012

Pensare, pensare e ancora pensare per definire nuove opportunità imprenditoriali.


È di qualche giorno fa la triste notizia che evidenzia come nel mercato del lavoro giovanile solamente il 20% dei contratti è a tempo indeterminato. Gli effetti dell’economia globalizzata che, da una parte hanno portato significativi benefici in termini di conoscenze e possibilità di esplorare nuovi mercati e nuove idee, dall’altra ci ha fatto perdere lo “scudo dell’identità”. Un insieme di caratteri salienti che contraddistinguono un’economia dall’altra: capacità di cooperazione, spirito imprenditoriale, sistema delle decisioni economiche nazionali ecc. 
Nello specifico, quello che domani potremmo pagare in termini economici non è imputabile esclusivamente alle nostre scelte…
Premesso questo, vorrei sottolineare l’importanza del “pensiero”, la continua ricerca di soluzioni atte a garantire una valida alternativa al periodo congiunturale che stiamo attraversando e che attraverseremo, una concreta soluzione per ergere nuovamente quello scudo dell’identità che negli anni passati abbiamo abbassato.
Il blog può rappresentare quell’agorà democratico del confronto, l’obiettivo generale che mi pongo è quello di dare spazio a una nuova corrente di “giovani pensatori”, fuori dalle schiere politiche, con capacità tali da poter apportare un concreto contributo nei capi della consulenza giuridica, economica e finanziaria.  Mi rivolgo nello specifico ai giovani professionisti e ai praticanti (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro ecc.), figure emergenti di questa economia, vogliosi di crescere e fare la loro parte in questo processo di cambiamento economico in atto.
Gli interessati possono consultare la sezione “collabora con noi” del blog http://speedlux-consultancy.blogspot.it/.

LS

martedì 24 luglio 2012

Estensione dei controlli bancari anche ai parenti dei soci


Con la sentenza n. 12624 del 20 luglio 2012, la Corte di Cassazione estende i poteri dell’amministrazione finanziaria in termini di controlli bancari, in caso di accertamento volto a far emergere una potenziale base imponibile evasa, potranno essere “setacciati” i conti correnti intestati ai soci e ai loro familiari quando sussistano fondati sospetti che la società abbia effettuato operazioni soggettivamente inesistenti volte ad evadere le imposte.
Il caso, nello specifico, riguarda il ricorso presentato dai soci di una società di capitali avverso rispetto alla disposizione di imputare a tassazione IRPEF i presunti redditi percepiti in modo illecito dai soci attraverso la mancata contabilizzazione di operazioni societarie. Attraverso l’analisi dei rapporti bancari dei familiari degli interessati, l’amministrazione finanziaria è riuscita ad accertare somme di dubbia provenienza, queste, mancando l’onere della prova in capo al contribuente sono state attribuite a reddito in quanto collegabili a potenziali utili distribuiti in modo occulto dalla società e trasferiti in modo fittizio.

La difesa dei ricorrenti ha fatto leva sul fatto che l’AF fosse tenuta a dimostrare l’effettiva intestazione fittizia dei conti tale da giustificare la presunzione di maggiori ricavi non dichiarati della società. Mancando la tangibile prova di quanto contestato, i ricorrenti hanno evidenziato come o i conti erano nella totale disponibilità della società e di conseguenza non poteva esser fatta valere la presunzione di cui all’art. 32 dpr 600/1973 per cui nessun maggior reddito poteva essere accertato in capo ai soci in quanto non intestatari dei conti correnti. Oppure le somme erano riferibili solamente in capo ai soci, formalmente e sostanzialmente intestatari dei conti correnti, e in questo caso non potevano fungere da prova di maggior utile prodotto in capo alla società e di utili distribuiti ai soci in maniera occulta.

La sentenza non ha accolto il ricorso, bensì ha evidenziato come l’amministrazione finanziaria non è esonerata dal fornire la prova dell’intestazione fittizia dei conti, ma tale prova può essere costituita dalla gravità e serietà dell’elemento indiziario costituito dallo stretto legame parentale che insieme ad altri elementi possono rappresentare complessivamente una prova di comportamento evasivo.
Spetta dunque al contribuente la dimostrazione, per l’inversione dell’onere della prova, che le somme prelevate erano destinate a pagamenti fuori bilancio o ad acquisti non produttivi di reddito.
In futuro questa sentenza potrebbe essere di significativo orientamento alla giurisprudenza fiscale, l’amministrazione finanziaria, per combattere tutti quei fenomeni evasivi che si annoverano nel cerchio delle società familiari, potrà utilizzare lo strumento dell’accertamento analitico anche nei confronti dei parenti collegabili ai soci. 

È bene quindi tenere sempre ben presente le svariate possibilità in termini di controllo che lo Stato possiede, tentare oggi l’occultamento, il trasferimento e l’erosione fittizia della base imponibile risulta sempre più difficile, i vecchi trucchi contabili sono facilmente smascherabili da una sempre più attenta evoluzione dei sistemi di controllo.   

LS

lunedì 23 luglio 2012

Lo scudo anti-spread può davvero aiutare Spagna e Italia a ridurre il differenziale?



La storia ci ha insegnato che ogni qualvolta una banca centrale fosse intervenuta nella politica monetaria di uno Stato attraverso un'operazione di mercato aperto (acquisto di titoli di stato) sarebbe equivalso a dire: si sta tentando di stimolare la crescita dell’economia attraverso l'abbassamento dei tassi d’interesse.
Se considerassimo quello che sta accadendo oggi, ci accorgemmo che, il principio di funzionamento base della politica monetaria è identico (la BCE acquista titoli di Stato per ridurre i tassi d’interesse dei paesi in difficoltà), non lo è la ragione sottostante tale strategia. L'utilizzo di una politica di mercato aperto volta a combattere la speculazione finanziaria viola qualsiasi principio atto giustificare tale azione.

Ad oggi, il dubbio principale verte essenzialmente sul buon funzionamento o meno dello scudo anti-spread.  Si tratta di una strategia di politica monetaria che ha come obiettivo primario quello di proteggere i paesi appartenenti all'Unione Europea da attacchi speculativi.
In pratica, quando richiesto, il paese interessato può fare ricorso allo scudo in modo tale da sostenere al rialzo il prezzo dei propri titoli di stato, e conseguentemente ridurre il differenziale.

Regista e coordinatore di suddetta politica è la BCE. Questa, oltre a garantire il rifinanziamento dei paesi a rischio default (esempio Grecia), dovrebbe sostenere con iniezioni di liquidità i bond dei paesi in difficoltà.
A ben vedere questo tipo di intervento pone in sé alcune criticità.

Si evidenzia in primis l’inefficienza strutturale del mercato: l'intervento dello stato nel libero scambio finanziario determina un deficit nella perfetta allocazione delle risorse. Significa che, chiedere l'aiuto alla BCE in caso di raggiungimento di un determinato livello di prezzi, equivarrebbe a invitare a cena investitori e speculatori per un investimento a rischio nullo e rendimento certo. Sarebbe come dire al mercato: “incentiviamo un movimento ribassista dei prezzi poiché al raggiungimento di un determinato livello la BCE riacquisterà sicuramente gli stessi titoli” e provocherà conseguentemente un aumento dei prezzi e quindi profitto per gli operatori.

In secondo luogo, a porre seri dubbi sulla bontà dello scudo anti-spread, vi è la possibilità concreta che una "injection policy" di tale portata determinerebbe sicuramente spinte inflazionistiche considerevoli, sfortunatamente le risorse della Banca Centrale Europea pur se cospicue devono andare incontro al presupposto del limite. Significa che, se l'Unione Europea non vuole incorrere in un'eccessiva svalutazione dell'euro tanto da renderlo "carta straccia", deve limitarsi nella produzione di denaro.

In definitiva, lo scudo antispread potrebbe sì rappresentare una soluzione tampone nel “brevissimo” periodo, quando il mercato però comprenderà il suo malfunzionamento si adeguerà con la messa a punto di nuove strategie di “low risk & high yeld,”, semplicemente arbitraggio.

LS

venerdì 20 luglio 2012

Inammissibili i ricorsi “copia & incolla” dell’amministrazione finanziaria. Lo ha stabilito una nuova sentenza della Cassazione.


Con la sentenza della Cassazione n. 12580 del 19 luglio 2012, la Suprema Corte stabilisce che sono inammissibili tutti i ricorsi dell’AF che riproducano pedissequamente stralci dell’accertamento o di altri atti giudiziari senza una precisa e sintetica descrizione dei fatti. Ci riferiamo ai così detti “ricorsi compilativi”, un modus operandi “pigro” dell’amministrazione finanziaria, che fino ad oggi, per ricorrere in Cassazione. non ha fatto altro che riportare con dei semplici copia&incolla delle parti dell’accertamento spesso carenti di quegli elementi essenziali atti a favorire una serena decisione da parte degli “Alti togati”.  La sentenza in questioni, vuole porre un freno a tutta una serie di ricorsi ai ctr che non descrivano in maniera chiara e sintetica i fatti e gli atti giudiziari oggetto dell’impugnativa, nello specifico, si sono voluti dettare quei principi logici alla base di una soddisfacente informazione processuale tale da confutare che, quanto affermato dall’amministrazione finanziaria sia di effettivo riscontro negli atti.

In ultima battuta, da tale sentenza emerge anche un ulteriore elemento discrasico: i giudici della Suprema Corte non sono tenuti a cercare tali atti né tantomeno stabilire quali parti siano rilevanti  o compilative, in pratica i ricorsi non potranno essere riscritti. Gli effetti che da tale giudizio deriveranno, saranno sicuramente visibili nell’impossibilità da parte dell’amministrazione finanziaria di recuperare somme oggetto di contenzioso. 

D’ora in poi quindi, tutti gli organi dell’AF, per ricorrere in Cassazione dovranno seguire la due diligence dello studente modello, evitando quindi maldestre strategie di copia&incolla tipiche del discolo scolaro.

LS

giovedì 19 luglio 2012

Con il nuovo regime premiale per le aziende il commercialista va in soffitta?


Si tratta di una vera e propria rivoluzione che apparentemente potrebbe determinare non pochi problemi all’esercito dei consulenti fiscali ad oggi presenti sul mercato, una sfida diretta lanciata dall’Amministrazione Finanziaria che, con l’obiettivo di contrastare l’evasione, si trasformerà in commercialista: “Il controllore si integra a valle”.
Stiamo parlando del regime di trasparenza fiscale, a carattere opzionale, destinato ai contribuenti persone fisiche e  società di  persone disciplinato dal D.L. 6.12.2011, n. 201, conv. con modif. dalla  L.  22.12.2011, n. 214 (cd. decreto «salva Italia»). A partire dall’1.1.2013, verificate determinate condizioni, coloro i quali accederanno al  citato regime di trasparenza potranno usufruire  di  importanti semplificazioni ed  agevolazioni,  che saranno diverse a seconda che l’impresa ovvero il professionista adotti o meno la contabilità  semplificata, ovvero sia soggetto o meno agli studi di settore.
La normativa prevede una serie di benefici a favore sia dei soggetti in contabilità ordinaria che semplificata, la condizione essenziale è che l’opzione venga comunicata preventivamente attraverso il modello Unico 2012. Nello specifico, i contribuenti saranno tenuti a:
  1. inviare telematicamente – direttamente all’Amministrazione finanziaria i corrispettivi, le fatture emesse e ricevute e le risultanze degli acquisti e delle cessioni non  soggetti a fattura;
  2. istituire un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari relativi all’attività artistica, professionale o  di impresa esercitata;
  3. non violare la normativa antiriciclaggio di cui al D. Lgs. 21.11.2007, n. 231.

Benefici derivanti dall’adesione al regime di trasparenza per categoria di contribuente:

A - Soggetti in contabilità ordinaria non assoggettati agli studi di settore: predisposizione automatica da parte dell’Agenzia delle Entrate delle liquidazioni periodiche Iva, dei modelli di versamento e della dichiarazione  Iva, predisposizione del Mod. 770 semplificato, del Mod. Cud e dei modelli di versamento periodico delle ritenute, nonché la gestione degli esiti dell’assistenza fiscale, riduzione dei tempi per il rimborso dell’IVA e compensazione diretta, esclusione dagli accertamenti basati su presunzioni semplici, riduzione a solo un anno dei tempi di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, D.P.R. 600/1973 e dell’art. 57, co. 1, D.P.R. 633/1972,  soppressione dell’obbligo di certificazione dei  corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale e abolizione del visto di conformità per compensazioni superiori a € 15.000 e l’esonero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi Iva.

B - Soggetti in contabilità semplificata non assoggettati agli studi di settore: determinazione del reddito Irpef secondo il  criterio di cassa e predisposizione in forma automatica da parte dell’Agenzia delle Entrate delle dichiarazioni Irpef e Irap, esonero dalla tenuta delle  scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap e  dalla tenuta del Registro dei beni ammortizzabili esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento dell’acconto ai fini Iva.

C - Soggetti in contabilità semplificata e ordinaria assoggettati agli studi di settore: esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’art. 39, co. 1, lett. d), D.P.R.  600/1973, e dell’art. 54, co. 2, ultimo periodo, D.P.R. 633/1972,  riduzione di un anno dei termini di decadenza per  l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, D.P.R.  600/1973 e dell’art. 57, co. 1, D.P.R. 633/197, determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all’art. 38, D.P.R. 600/1973 ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno 1/3 quello dichiarato (in luogo dell’ordinaria franchigia di 1/5).

Il punto critico di tale strategia sta nell’immane mole di lavoro che peserà sulle spalle dell’AdE, la stessa amministrazione, negli ultimi temi colpita da una serie di provvedimenti volti alla riorganizzazione con effetti tangibili nel turnover del personale, si ritroverebbe a fronteggiare un aumento esponenziale dei compiti attribuitigli con conseguenze sicuramente negative sulla qualità del servizio offerto.

Siamo davvero sicuri che il ruolo del consulente esterno (commercialista) sarà davvero destinato a perdere di importanza nel futuro?

Vista per grandi linee la risposta potrebbe palesarsi in un secco “sì”, nel dettaglio però, il ruolo dei professionisti potrebbe addirittura rivalutarsi; pensiamo per esempio alle difficoltà che il contribuente troverebbe nell’organizzazione e nella successiva trasmissione della documentazione contabile all’amministrazione finanziaria, la gestione delle competenze fiscali in materia IVA e IRPEF, in definitiva tutta una serie di adempimenti che richiedono il ruolo “filtro” del professionista. A questo punto la palla passa ai commercialisti, il cambiamento della professione è sicuramente in atto, starà a loro comprendere le dinamiche che in futuro potranno o meno consolidare i rapporti tra il contribuente e il fisco.

LS

mercoledì 18 luglio 2012

Attestazione SOA, ancora rinvii dal legislatore



La camera ha approvato ieri (17 luglio 2012) in via definitiva il disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione.
Il provvedimento interviene su alcune disposizioni dell’art. 357 del dpr n. 207 del 2010, recante il Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice dei contratti pubblici (dlgs 163/2006), al fine di prorogare l’entrata in vigore delle norme che disciplinano la qualificazione delle imprese esecutrici di lavori pubblici e la garanzia globale di esecuzione.
Tra le altre novità, si dispone la proroga di 180 giorni (vale a dire fino al 5 dicembre 2012) dei termini previsti dall’art. 357, commi 15, 16, 17, 22, 24 e 25, del dpr n. 207/2010 in materia di emissione di certificati di esecuzione dei lavori e attestazioni di qualificazione rilasciate dalle Soa, nonché in materia di qualificazione.

E ancora, proroga di un anno (vale a dire fino all’8 giugno 2013) del termine di entrata in vigore delle disposizioni in materia di garanzia globale di esecuzione recate dalla parte II, titolo VI, capo II, del dpr 207/2010. In sede di verifica triennale dell’attestazione Soa, si prevede, in via transitoria fino al 31 dicembre 2013, una maggiore tolleranza (dal 25 al 50%) nella verifica dell’attestato Soa relativamente alla congruità tra cifra di affari in lavori, costo delle attrezzature tecniche e costo del personale dipendente.

Si ricorda che la qualificazione mediante attestato Soa (società organismi di attestazione autorizzati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici) è obbligatoria per chiunque esegua i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti, di importo superiore a 150.000 euro (art. 40, comma 2, del Codice).

martedì 17 luglio 2012

Cambiali finanziarie, presto anche le PMI potranno emetterle


Nello scenario nazionale delle diverse forme di finanziamento da parte delle PMI un vecchio strumento finanziario (in Italia presente dal 1994) sta suscitando un interesse revisionista da parte del legislatore: la cambiale finanziaria.  Si tratta di uno strumento ibrido, un mix tra una cambiale e un’obbligazione, ha un taglio minino di 51.654,69 €, con scadenze dai 3 ai 12 mesi, e può essere trasferito tramite  girata con la clausola “senza garanzia” per evitare azioni di regresso da parte del giratario sul girante.
Fino ad oggi la cambiale finanziaria è stata poco considerata, spesso “snobbata” dalle società quotate, uno strumento poco concorrenziale rispetto alle cugine azioni e obbligazioni. 

La tendenza generale del c.d. “Decreto Crescita” è proprio quella di esplorare e rivalutare tutti quei sistemi in grado di stimolare la potenziale crescita del sistema impresa. Pertanto, le novità alla base dell’art. 32 del dl 32/2012 inerenti i nuovi strumenti di finanziamento alle imprese, con specifico riferimento alla cambiale finanziaria, hanno visto una serie di emendamenti di modifica proposti nelle commissioni VI° e X° della Camera. Nello specifico, le novità principali riguardano:
    1. la scadenza massima delle cambiali finanziarie, che passa a 36 mesi;
    2. la possibilità di emissione da parte di società di capitali, cooperative e di mutua assicurazione anche non quotate ovvero sprovviste di titoli presenti sul mercato regolamentato.
Per quanto concerne il secondo punto, viene richiesto alle società di farsi assistere da un istituto bancario o società di investimento con sede sul territorio nazionale, in qualità di  “sponsor” di emissione e nello stesso tempo rispettare una serie di vincoli quantitativi e qualitativi:

  • lo sponsor deve mantenere nel proprio portafoglio una quantità di titoli proporzionale (in %) al valore complessivo dell’emissione, si richiede pertanto una quota non inferiore a:

    1. al 5% del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro;
    2. al 3% del valore di emissione eccedente i 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, aggiungendo la quota spettante al punto 1;
    3. al 2% del valore di emissione eccedente i 10 milioni di euro, aggiungendo le quote di cui ai punti 1 e 2.
  • l’ultimo  bilancio della società emittente deve essere certificato da un revisore contabile ovvero società di revisione regolarmente iscritta nell’apposito registro;
  • le cambiali finanziarie devono destinarsi esclusivamente ad investitori professionali direttamente e indirettamente non collegabili alla società emittente.
Sono inoltre previste deroghe ai punti 1,2 e 3 qualora l’emissione sia assistita da garanzie bancarie in una misura non inferiore al 25% del valore complessivo dell’emissione. Nel caso in cui le garanzie poste da banche, consorzi fidi e istituti di investimento fossero portate dal 25 al 50% , sarebbe possibile derogare  alla certificazione del bilancio della società emittente per un periodo pari ad una anno e mezzo. In merito a quest’ultimo punto, l’emissione dovrà aver ad oggetto titoli con scadenza non superiore ai 18 mesi.
Il futuro della cambiale finanziaria non sarà assolutamente facile, nonostante gli sforzi fatti per rendere appetibile lo strumento di finanziamento “restaurato”, attraverso l’allargamento della platea di potenziali utilizzatori quali le società non quotate, si dovrà andare incontro ad una serie di problematiche:
  •  bassa propensione degli investitori professionali a modificare le proprie scelte strategiche di rischio (il maggior default risk di una PMI potrebbe essere tale da scoraggiare l’investimento a qualsiasi livello di rendimento);
  • onerosità della sponsorship, le banche pur non sottoscrivendo al 100% il finanziamento saranno in ogni modo costrette a mantenere in portafoglio una quota di titoli che va dal 2 al 5%;
  •  disparità fiscale rispetto ad un contratto di mutuo o prestito dei soci a medio termine.


LS

lunedì 16 luglio 2012

Nuova imponibilità IVA per le cessioni ultraquinquennali di fabbricati ad uso abitativo


Dal 26 giugno 2012 con l’entrata in vigore del dl n. 83/2012, le cessioni di fabbricati ad uso abitativo possono considerarsi imponibili IVA,  previo esercizio dell’opzione,  anche per i trasferimenti  ultraquinquennali effettuati dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici.
In ordine al requisito soggettivo essenziale per l’imponibilità (obbligatoria o facoltativa) della cessione, con la  circolare n. 27/2006 l’Agenzia delle entrate ha precisato che, ai detti fini, si considerano «imprese costruttrici», oltre alle imprese che realizzano direttamente i fabbricati, anche quelle che si avvalgono di altre imprese per l’esecuzione dei lavori.

È da ritenere, inoltre, che resti valido l’orientamento secondo cui:
  • si considera «impresa costruttrice» quella che anche occasionalmente realizza la costruzione di immobili, a nulla rilevando che la materiale esecuzione dei lavori sia affidata, in tutto o in parte, a terzi, e indipendentemente dai motivi per i quali è intrapresa l’iniziativa edilizia (circolare n. 182 dell’11 luglio 1996 e risoluzione n. 93 del 23 aprile 2003);
  • la qualifica di «impresa costruttrice» si trasmette per effetto dell’operazione che comporta la successione nei rapporti attivi e passivi del «dante causa», come avviene nel caso di conferimento d’azienda (risoluzione n. 93 del 23 aprile 2003).

Pertanto, il regime di esenzione IVA applicabile alla cessione di fabbricati ad uso abitativo da parte delle imprese costruttrici riguarda:
  • le cessioni poste in essere, entro cinque anni dall’ultimazione dei lavori, dalle imprese che hanno costruito oppure ristrutturato il fabbricato (in esecuzione di interventi di restauro o risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione urbanistica);
  • le cessioni poste in essere, dai medesimi soggetti di cui sopra, anche successivamente al termine di cinque anni, qualora il cedente abbia espresso l’opzione per l’applicazione dell’imposta; in questo caso, se il cessionario è un soggetto passivo l’imposta si applica con il meccanismo dell’inversione contabile, ai sensi dell’art. 17, sesto comma, lett. a-bis) del dpr 633/72, come modificato dal medesimo dl n. 83/2012.


Prima del dl n. 83/2012

Dopo il dl n. 83/2012

Cedente
Regime IVA
Cedente
Regime IVA
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende entro 5
anni dall’ultimazione lavori
Ordinario
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende entro 5 anni dall’ultimazione lavori
Ordinario
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende dopo 5 anni dall’ultimazione lavori

Esente
Impresa costruttrice o ristrutturatrice
che vende dopo 5 anni dall’ultimazione lavori

Esente o imponibile con il reverse charge previo esercizio dell’opzione
Altri soggetti Iva
Esente
Altri soggetti Iva
Esente
Impresa costruttrice di abitazioni di edilizia convenzionata
Ordinario
Impresa costruttrice di abitazioni di edilizia convenzionata
Esente

LS

venerdì 13 luglio 2012

Uso del contante per importi superiori a 1.000 €, i cittadini extra UE possono con alcune eccezioni


Con l’entrata in vigore del D.L. 201/2011 art. 12, dal 6 dicembre 2011 non è più consentito l’uso del contante per transazioni riguardanti beni e servizi superiori a  1.000 . Il legislatore, nel testo definitivo del suddetto decreto ha voluto porre alcune eccezioni, tra le poche, quella inerente lo scambio di beni e servizi con cittadini non italiani e non residente nell’area Euro. In pratica, per questi ultimi, il limite dei 1.000 € non vale, per usi turistici gli stranieri possono usare liberamente il contante. Apparentemente il provvedimento sembrava aver “salvato” tutte quelle categorie del commercio a stretto contatto con buyer esteri, pensiamo per esempio alle grandi griffe della moda presenti nei passeggi dei più noti centri italiani, il mercato dei gioielli, delle auto di lusso ecc.
Con una circolare resa nota nella giornata del 12 luglio 2012, la direzione V Antiriciclaggio del Ministero dell’Economia, ha fatto chiarezza in merito alla questione, sono state varate diverse disposizioni per non incappare nella segnalazione di riciclaggio da parte degli intermediari finanziari abilitati  al deposito del contante.
Per gli operatori del mercato, a diretto contatto con potenziali clienti stranieri che utilizzano contante superiore ai 1.000€, una serie di adempimenti burocratici potrebbero scoraggiare l’operatore a concludere la transazione oppure a optare a forme di scambio di tipo evasivo, esempio non rilasciando la fattura o ricevuta. Vediamo nello specifico di cosa si tratta.
L’operatore economico potrà accettare denaro contante da parte di cittadini non italiani e residenti al di fuori dell’UE entro il limite di 15.000 €. Nella fattispecie per le transazioni in contanti comprese tra i 1.000 e 15.000 euro il cedente dovrà attenersi ad una serie di adempimenti e considerazioni:
  1. il trasferimento deve essere finalizzato all’acquisto di beni e/o di prestazioni di servizi legati al turismo;
  2. l’acquisto che origina il trasferimento deve essere effettuato da persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana, fuori Ue, e con residenza fuori dal territorio dello stato;
  3. all’atto dell’effettuazione dell’operazione, il cedente del bene o il prestatore del servizio deve provvedere ad acquisire fotocopia del passaporto del cessionario o del committente nonché apposita autocertificazione di quest’ultimo, attestante la condizione di essere cittadino extra UE e nonché non residente;
  4. il denaro contante incassato deve essere versato in un conto corrente intestato al medesimo cedente o prestatore di servizio presso un operatore finanziario (banca);
  5. il versamento di cui al punto 4 deve essere effettuato nel primo giorno feriale successivo a quello di esecuzione dell’operazione;
  6. il cedente o il prestatore di servizio, per avvalersi della deroga deve, altresì, inviare apposita comunicazione preventiva, anche in via telematica, all’Agenzia delle entrate e indicare nella comunicazione gli estremi del conto corrente che il cedente del bene o il prestatore del servizio stesso intende utilizzare ai fini di quanto previsto dal punto 4).
  7. copia della ricevuta della suddetta comunicazione all’Agenzia delle entrate deve essere consegnata all’operatore finanziario.

Da considerare che, in merito alla comunicazione ai punti 6 e 7 va effettuata una tantum, il conto corrente (punto 6) da utilizzare per il deposito di denaro contante può essere benissimo quello utilizzato solitamente dall’azienda per le altre transazioni. Per garantirsi però maggiore autotutela, è  consigliabile aprire un secondo rapporto di C.C magari con lo stesso intermediario, ed utilizzarlo esclusivamente per il deposito di denaro contante proveniente dalle transazioni in oggetto. 


Un vademecum di 7 passi da seguire per non sbagliare, un giungla di adempimenti che oltre ad interferire sulla possibilità di concludere con successo la compravendita, è un forte incentivo all’evasione. Il potenziale acquirente straniero, di fronte alla richiesta del commerciante di ottenere una copia del suo passaporto e la firma di un’autocertificazione della propria nazionalità evidenzierebbe senza dubbio perplessità (immaginate di spiegare quanto detto ad un giapponese), tale da portarlo alla rinuncia dell’acquisto. 

In definitiva, in base a quanto su considerato, il cedente di fronte al dilemma: seguo tutte le regole ed eventualmente corro il rischio di mancata vendita oppure concludo la transazione senza rilasciare la ricevuta o fattura? La risposta sembra fin troppo scontata.


LS



giovedì 12 luglio 2012

Diminuzione del gettito IVA, le cause: evasione o contrazione degli scambi?



Il 17 settembre 2011 l’IVA è passata dal 20 al 21%, un primo bilancio a dieci mesi di distanza evidenzia come, in base ai dati raccolti dal Bollettino delle Entrare, il gettito IVA nel primo trimestre dell’anno è diminuito di 789 milioni di euro. Il dato risulta essere in controtendenza con i consumi medi delle famiglie registratisi sempre nelle stesso periodo (+ 1 miliardo di euro rispetto al 2011). Apparentemente si potrebbe essere indotti a giungere a considerazioni azzardate che provino a giustificare tale trend negativo, esempio aumento dell’evasione IVA. Il dato però non deve distogliere la nostra attenzione da un indicatore economico fondamentale: la produzione industriale nazionale (grafico trend in alto).
 Considerando che, il consumo delle famiglie rappresenti un’entità sicuramente importante che incorpora in sé una parte significativa del gettito IVA, la produzione industriale (P.I.) ha sicuramente il peso maggiore in un sistema economico. E’ importante ricordare come, nei principali studi delle dinamiche economiche di un paese, la variabile primariamente utilizzata per mettere in contrapposizione l’aumento della pressione fiscale sia proprio la P.I. Significa che, dato un determinato livello di reddito del paese (r), le aziende adegueranno la loro produzione in basse alla domanda corrente e quella attesa. La domanda, oltre a comprendere quella proveniente dalle famiglie, incorporerà quella di altri sistemi industriali, dello Stato e dei potenziali compratori esteri (esportazioni). L’incremento delle imposte (soprattutto quelle indirette come l’IVA) crea degli effetti distorsivi dell’offerta immediatamente percettibili. Come si evince dal grafico in alto, dato un livello di produzione Y2 con punto di equilibrio in A, un aumento delle imposte genera uno spostamento della curva IS nella posizione IS1. Questo significa che, il sistema impresa diminuirà la produzione in vista di una contrazione della domanda, quindi anche del consumo delle famiglie.  
In conclusione, giustificare una riduzione del gettito IVA come causa di un aumento dell’evasione fiscale può essere parzialmente vero, un dato sicuramente insindacabile riguarda la contrazione della produzione industriale registratasi nel terzo trimestre dell’anno 2012 (-5.6% - vedi grafico trend). Quest’ultimo fattore trova riscontro in una riduzione del volume degli scambi (contrazione della produzione) causa immediata della diminuzione delle entrate da parte dello Stato.

LS

mercoledì 11 luglio 2012

Titolari di redditi d'impresa: si alla detrazione del 55% su immobili da destinarsi a locazione

In base alla norma di comportamento n.184 dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) viene meglio interpretata la legge n.295 del 27 dicembre 2006 inerente il diritto alla detrazione del 55% per interventi residenziali volti al risparmio energetico. Una diatriba innescata dalla risoluzione n. 340/E/2008 dall’Agenzia delle Entrate che riguardava l’esclusione a beneficio dei titolari di reddito d’impresa che svolgessero lavori di riqualificazione su immobili da destinarsi a locazione. 

A chi spetta la detrazione del 55%?

·         alle persone fisiche, agli enti e ai soggetti, di cui all’art. 5 del Tuir, non titolari di reddito d’impresa
·         ai titolari di redditi fondiari (imprenditore agricolo)
·         ai soggetti titolari di reddito d’impresa (persona fi sica o società) indipendentemente dal tipo di attività esercitata dall’imprenditore
·         ai soggetti Irpef e Ires a prescindere dalla categoria catastale della costruzione, compresi i fabbricati rurali
·         edifici posseduti in proprietà o altro diritto reale o detenuti in forza di contratti a effetti obbligatori (locazione e comodato)













La norma di comportamento dall’AIDC emanata, riprendendo la suddetta risoluzione, evidenzia come, taluni provvedimenti attuativi in particolare il decreto 19/02/2007, hanno disposto che la detrazione del 55% (sui lavori eseguiti fino al 31/12/2012) spetta anche «ai soggetti titolari di redditi d’impresa che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi (…) sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti», limitando l’utilizzo del bonus soltanto all’utilizzatore, in presenza di immobili acquisiti in leasing. Il legislatore quindi non ha previsto alcun tipo di limitazione di tipo oggettivo (categoria catastale), né di tipo soggettivo (persone fisiche e soggetti non titolari di redditi d’impresa o altri redditi) che potesse escludere dall’applicazione della detrazione. Sono stati fissati solamente precisi obblighi basati sul il rispetto di specifici adempimenti (art.4 e s.s. dm 19/02/2007).

LS

martedì 10 luglio 2012

Che fine ha fatto quella "bestia nera" dell'inflazione, incubo degli anni '70?


Lo scorso 6 luglio la Banca Centrale Europea ha ritoccato al ribasso i tassi di interesse, contrariamente alle aspettative ha deciso di tagliare il costo del denaro di 250 punti dai 500 previsti, portando così il tasso ufficiale di riferimento dell’area Euro allo 0.75%. Un record storico mai raggiunto dalla BCE sin dalla sua nascita. Nel resto delle economie mondiali rappresentate dai paesi storicamente leader la situazione non cambia, dalla tabella sottostante è possibile verificare i diversi rendimenti adottati.
La tendenza generalizzata è quella di mantenere un livello del costo del denaro basso per stimolare le economie. Un trend che ormai perdura da diversi anni e che ad oggi non è in grado di spiegare come mai gli effetti delle politiche monetarie non siano capaci di rilanciare i sistemi economici.
Per comprendere tale fenomeno è importante ricordare come, nei dettami di economia politica, l’intervento delle banche centrali atto a fornire un input in termini di espansione economica è detto operazione di mercato aperto. Si tratta di una strategia che vede le stesse istituzioni acquistare titoli del tesoro determinando così un aumento della base monetaria e un abbassamento dei tassi di interesse dato dall’incremento della domanda. 

Istituzione
Aree di riferimento
Tasso di interesse corrente
European Central Bank
Europa
0.75%
Federal Reserve
Stati Uniti
0.25%
Bank of England
Regno Unito
0.50%
Bank of Japan
Giappone
0.10%






Questo tipo di piano pone in sé un duplice effetto: da una pare quello di svalutare la valuta di riferimento (con maggiore probabilità di incrementare il livello di esportazioni), dall’altra quello di accrescere il rischio di impennate inflazionistiche.
Riguardo quest’ultimo punto però la situazione corrente non trova conferma, infatti, viviamo da anni con dei tassi di interesse bassi che non sortiscono alcun effetto sull’economia reale. Significa che, nonostante gli sforzi delle banche centrali volti a stimolare la crescita attraverso l’immissione di moneta nel sistema economico, si registrano effetti pressoché insignificanti. Cosa vuol dire vivere in un sistema economico caratterizzato da un basso livello di tassi di interesse?
Sicuramente, maggiore propensione all’indebitamento per fini di consumo o investimento, minore propensione a forme di risparmio in titoli governativi (dato il basso livello dei tassi), maggiore incidenza dei consumi sulla crescita. Effetti teorici apparentemente entusiasmanti, visti però nella realtà odierna sembrano in netta contraddizione.
 Il primo dubbio pertanto potrebbe sorgere dal fatto che esiste un forte gap tra i tassi di interesse di riferimento della BCE (oggi 0.75%) e quelli pagati dallo Stato Italiano per finanziare il proprio debito pubblico. Se dovessimo per esempio ipotizzare un investimento attraverso l’utilizzo di capitale di debito, per assurdo richiesto direttamente alla BCE allo 0.75%, e dovessimo reinvestirlo immediatamente in titoli del debito pubblico italiano, potremmo ottenere un rendimento certo che oscilla tra il 5% e il 6%. Il punto quindi va ricercato nella struttura e nel funzionamento della politica della BCE. Essa infatti, a differenza delle altre banche centrali, per ottenere dei benefici omogenei dovrebbe ambire alla corrispondenza di rendimento tra titoli del debito pubblico di tutti gli stati e la politica di mercato monetario da applicare. In altre parole: EUROBOND.
 Nella realtà però accade che, data una strategia di taglio del costo del denaro di 250 BS, l’acquisto di titoli, dovrà essere proporzionalmente ripartito su ogni governo che compone l’Euro. Se infatti la Bank of England acquisterà solamente i titoli britannici, la BCE dovrà acquistare titoli tedeschi, francesi, italiani ecc. Quanto detto, nel caso europeo,  è fortemente penalizzante data una percezione di rischio differente che gli investitori hanno nei confronti delle singole economie UE, pertanto questo spiega il perché del differenziale (spread) esistente tra i vari tassi di rendimento europei.
In sintesi gli effetti di politica monetaria che la BCE intende perseguire sono ostacolati dai diversi rendimenti che ogni stato dell’Unione è pronto ad offrire per finanziare il proprio debito pubblico.
Questa contraddizione che accomuna gli europei porta a pormi un quesito: che fine ha fatto l’inflazione, “bestia nera” degli anni 70? Una politica economica da svariati anni “inflation oriented” ha completamente fallito, oggigiorno sembra che l’inflazione piuttosto che essere considerata il “male assoluto” possa diventare una opportunità strategica in grado di traghettarci fuori da questa tempesta congiunturale.

LS

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