Featured Article
Latest Post

martedì 3 marzo 2015

I beni strumentali. Differenze di trattamento fiscale nel regime forfetario (L. 190/2014) e dei minimi (D.L. 98/2011)

Articolo condiviso con il portale commercialista.com
Nonostante il decreto cd “Mille-proroghe” abbia esteso, anche per l’anno 2015, l’utilizzo del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (regime dei minimi), il nuovo regime forfetario coesisterà con il prorogato regime fino a sostituirlo definitivamente in futuro.  Il limite su detenzione/acquisto di beni strumentali risulta essere un punto fondamentale, di natura differente tra i due, propedeutico affinché si possa beneficiare dei vantaggi fiscali offerti dai due regimi. Il trattamento sostanziale di questa specifica fattispecie risulta essere ben definito con riferimento al quantum iniziale. Il regime forfetario prevede un limite di € 20.000, a lordo di ammortamenti, alla chiusura dell’esercizio precedente a quello d’imposta, invece, il regime dei minimi un limite di € 15.000 nell’arco del triennio precedente dall’inizio del periodo di agevolazione.
In base all’art. 1, comma 4, lettera c) della L.190/2014 (legge di stabilità), il regime forfetario valuta i beni strumentali posseduti dall’azienda a “stock” ad una specifica data, ovvero al 31/12 di ogni anno. Rispetto al regime dei minimi che considera solamente la sommatoria degli acquisti effettuati nel triennio precedente, il forfetario potrebbe, se necessario violare il limite dei 20.000 euro su base infrannuale per poi ristabilirsi entro, o sotto il limite al 31/12. Il tipico esempio può essere rappresentato dall’azienda che acquista durante l’anno più di un bene strumentale dal valore unitario di € 20.000 e lo dismette entro l’esercizio.
Ai fini IVA, come già chiarito dall’Agenzia delle Entrate in una recente circolare, il calcolo del limite di € 20.000 per il forfetario e € 15.000 per i minimi, si considera al netto dell’imposta. L’esclusione dell’IVA dai limiti suddetti trova le sue ragioni nel fatto che per ambedue i regimi l’imposta risulta essere indetraibile. Nello stesso tempo, un punto di condivisione si palesa anche nell’esclusione dal calcolo dei limiti per l’acquisto di beni immateriale nonché della relativa imposta. Restano esclusi dal calcolo del limite anche gli acquisti di beni strumentali dal valore non superiore a € 516 al netto d’IVA.
Per i beni posseduti in base a un titolo diverso dalla proprietà, come evidenziato dall’art. 1, comma 54 della legge n. 190/2014, la valorizzazione dei limiti avviene in base a specifici casi:
  • per i beni acquisiti in leasing si considera il costo sostenuto per l’acquisto da parte del concedente (società di leasing), tale valore coerentemente alle disposizioni di cui sopra è da intendersi escluso dall’applicazione dell’IVA, al momento del riscatto del bene da parte del concessionario si considera il valore di cessione del bene (a valore residuo). Tale disposizione tende a valutare il bene in leasing alle stregua di un acquisto effettuato con le modalità tradizionali;
  • ai beni detenuti in comodato o in noleggio il limite deve essere determinato in base alle disposizioni sul “valore normarle” art. 9 del TUIR , ovvero una valutazione a valore di mercato libero da condizionamenti e vizi di parte;
  •  i beni ad uso promiscuo invece, concorrono a formare i limite d’acquisto nella misura del 50% 

Per cogliere appieno le differenze esistenti tra i limiti di acquisto di beni strumentali per il regime forfetario e dei minimi, valga il seguente esempio.
La ditta Pocket nel corso di un triennio effettua acquisti di beni strumentali in base a due casi (si considerano tutti i valori al netto d’IVA):

CASO A – il 01/01/2015 acquista beni strumentali per € 5.000, al 30/06/2015 cede beni per € 3.000, il 01/01/2016 acquista per € 7.000, vende al 30/06/2016 per € 4.000, acquista al 01/01/2017 beni per € 10.000

CASO B – il 01/01/2015 acquista beni per € 10.000, il 30/06/2015 si cedono beni per € 3.000, il 30/11/2015 si acquistano beni per € 8.000. Il 01/01/2016 si cedono beni per € 1.000, il 01/01/2017 si acquistano beni per € 10.000


CASO A
CASO B

Regime forfetario
 L. 190/2014

31/12/2015
SI
5000-3000= 2000
31/12/2016
SI
2000+7000-4000=5000
31/12/2017
SI
5.000+10000=
15000
31/12/2015
SI
10000-3000+8000=
15000

31/12/2016
SI
15000-1000=
14000

31/12/2017
NO
14000+10000
=
24000


Regime dei minimi
 D.L 98/2011

31/12/2015
SI
5000

31/12/2016
SI
5000+7000=
12000

31/12/2017
NO
5000+7000+
10000=
22000
31/12/2015
NO
10000+8000=
18000

31/12/2016
NO
Limite superato 2015
31/12/2017
NO
Limite superato 2015

Il superamento dei limiti fissati per l’acquisto di beni strumentali presuppone la fuoriuscita dal regime di riferimento. Esiste però una sostanziale differenza tra il regime forfetario e quello ordinario, il primo prevede la verifica delle condizioni di permanenza su base annua, pertanto, il superamento dei limiti provoca l’uscita dal regime dall’anno successivo a quello in cui si è verificata l’eccedenza. Nel regime dei minimi invece, il superamento dei limiti prevede la fuoriuscita immediata nell’anno in cui si è verificata la perdita dei requisiti. Per quest’ultimo quindi è prevista la disapplicazione del regime di vantaggio del 5% dal 01/01 dell’anno, e la contestuale applicazione del regime IVA ordinario con i relativi adempimenti del caso.

Lucio Steduto       

lunedì 23 febbraio 2015

Cancellazione dei debiti per i piccoli imprenditori e privati

Articolo condiviso con il portale commercialista.com
Una nuova sentenza apripista per la “gestione della crisi da sovraindebitamento” è tornata alla ribalta nei giorni passati, una pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio ha permesso a una donna di abbattere il suo debito con Equitalia dell’87%. La legge del 27/01/2012 n.3 nonostante la sua esistenza, ha negli ultimi anni stentato a decollare anche per via delle norme poco chiare che avrebbero regolamentato i soggetti coinvolti nella gestione della crisi. Lo strumento del “procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento” d’ora in avanti “sovraindebitamento” è utilizzabile dai soggetti non fallibili, in pratica coloro che non possono beneficiare degli strumenti messi a disposizione dalla Legge Fallimentare. In questa categoria rientrano anche i privati (persone fisiche) che in un determinato periodo della loro vita si ritrovino ad avare una condizione debitoria tale da impedire la gestione comune degli adempimenti finanziari (es avere un conto corrente bancario). La normativa sul “sovraindebitamento” permette a questa categoria di soggetti di beneficiare nell’esdebitazione dai debiti (riduzione/cancellazione) contratti in passato, a fronte di un piano di ristrutturazione redatto e asseverato in termini di fattibilità e veridicità (art. 161 Legge Fallimentare), da un professionista abilitato ovvero da un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
Lo strumento del “sovraindebitamento” è utilizzabile da:
  • imprenditori non commerciali o non fallibili per mancanza dei requisiti dimensionali (art. 1 R.D. 16/03/1942 n.267);
  • enti non commerciali e lavoratori autonomi (es. artigiani o liberi professionisti);
  • imprenditori agricoli (che non svolgano attività commerciale);
  •  soggetti non esercenti alcuna attività d’impresa.

Tali soggetti possono essere messi nelle condizione di annullare/ridurre i propri debiti se dimostrano che, a fronte delle disponibilità correnti e future non vi sia possibilità di onorare i propri impegni. A dimostrare la reale condizione del debitore, tale da richiedere una esdebitazione totale o parziale, è necessario affidarsi ad un professionista abilitato quale Dottore Commercialista, Avvocato o Notaio. Il tecnico redige un piano di ristrutturazione contente tutte le posizioni di debito del soggetto (es. Equitalia, banche, finanziarie, ecc. ), effettua una valutazione delle possibilità di restituzione in base alle disponibilità del debitore, redige un piano da sottoporre all’approvazione dei creditori e all’omologazione da parte del tribunale dove il soggetto debitore risiede.
Il procedimento per il “sovraindebitamento” si svolge con il susseguirsi di più fasi:
  1. il debitore si rivolge ad un professionista (Dottore Commercialista, Avvocato, Notaio) ovvero ad un OCC (Organismo di Composizione della Crisi);
  2. il professionista redige un piano di ristrutturazione e lo deposita presso il tribunale di residenza del debitore;
  3. il tribunale nomina un Giudice che valuta la proposta ed in caso affermativo fissa immediatamente con decreto l’udienza, invia contestualmente ai creditori la proposta redatta dal professionista e gli informa della possibilità di blocco da azioni esecutive (es. decreti ingiuntivi);
  4. il giorno dell’udienza il giudice verifica l’assenza di azioni individuali dei creditori, atti fraudolenti a danno delle parti, dispone il blocco per 120 giorni delle azioni intraprese prima della presentazione dell’accordo;
  5. il piano di risanamento risulta approvato con il consenso di tanti creditori che rappresentano almeno il 70% dei crediti  e può prevedere una moratoria estendibile fino ad un anno;

Appare quindi evidente che il debitore dovrà prestare particolare attenzione nella scelta del professionista che andrà a redigere il piano di risanamento. Tale ruolo risulterà fondamentale poiché oltre a convincere una “super maggioranza” creditizia (almeno il 70%), dovrà passare l’esame da parte del tribunale nonché del giudice designato. Nello stesso tempo, il piano di ristrutturazione, proprio per il ruolo guida che riveste nella procedura da “sovraindebitamento” è soggetto anche a sanzioni penali e amministrative per il professionista che violi i principi della veridicità e fattibilità, art. 236 del R.D. n.267 del 16/03/1942.


Lucio Steduto

martedì 17 febbraio 2015

Rent to Buy: una nuova opportunità per acquistare casa


Articolo condiviso con il portale commercialista.com 
Finalmente, anche in Italia, dopo un lungo periodo di deregolamentazione è stato “tipizzato” il contratto di “Rent to Buy” meglio conosciuto come “Contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili” – art 23 D.L. 133/2014. Si tratta, nello specifico, di uno schema contrattuale in grado di fronteggiare ad una corrente carenza finanziaria dell'acquirente, una sorta di "finanziamento" da parte del venditore. A titolo di esempio valga quanto segue. Il signor Rossi concede in locazione un immobile al signor Bianchi con il diritto di quest'ultimo di acquistarlo entro il termine concordato, i canoni versati dal Sig. Bianchi oltre ad includere il diritto di godimento del bene comprendono anche il "prezzo” per l'acquisto della proprietà. Le parti in sede di redazione del contratto stabiliscono la durata, le condizioni economiche e la tipologia di trasferimento della proprietà. In pratica, il Sig. Rossi e Bianchi possono stabilire le modalità di trasferimento della proprietà automaticamente con il pagamento di un numero preciso di rate; oppure esercitando un'opzione di acquisto al termine della locazione.
Le parti interessate dal “Rent to buy” sono particolarmente variegate, abbracciano il privato, il professionista, l'imprenditore individuale e le società, nello stesso tempo possono avere ad oggetto qualunque tipologia di immobile: edifici ad uso abitativo o strumentale, terreni agricoli o edificabili.
Il contratto nella sua fattispecie è di tipo pubblico, pertanto sarà un notaio a provvedere alla sua redazione e alla rispettiva annotazione nei registri immobiliari. Successivamente all’atto di trascrizione le parti potranno godere di una specifica tutela atta a custodire gli effetti del contratto posto in essere. Nello specifico valgano le seguenti fattispecie:
·         durante il periodo di locazione, se il concedente è ancora proprietario del bene, tutti gli avvenimenti imputabili al bene, es. iscrizione ipoteche, pignoramenti ecc., non subiscono alcuno effetto poiché la trascrizione del contratto garantisce al conduttore (futuro acquirente) l’interesse dominante di futuro intento di proprietà, libero da qualsiasi gravame;

      se l’immobile fosse venduto a terzi soggetti (non compresi nel contratto), questi subirebbero gli effetti ostativi del contratto di Rent to Buy. In pratica chi loca con l’intento di acquistare non corre il rischio che l’immobile venga ceduto ad altri acquirenti;
·         in caso di inadempimento del concedente (es. mancata volontà di vendita dell’immobile), questi dovrà restituire al concessionario (il futuro acquirente), le somme da questi corrisposte a titolo di “prezzo” maggiorate degli interessi legali. L’inadempienza del concessionario (es. interruzione del pagamento delle rate o mancata intenzione all’acquisto), consentirà al concedente di trattenere le somme percepite a titolo di “prezzo” come risarcimento del danno e alla restituzione dell’immobile.

In sintesi la trascrizione del contratto di “Rent to Buy” è estendibile fino a 10 anni, protegge il conduttore da eventi pregiudizievoli in capo al concedente, rende inefficace la cessione ad un altro acquirente, le somme versate dal conduttore per il “prezzo” sono crediti privilegiati, in caso di fallimento del concedente il curatore non può sciogliere il contratto (salvo casi limitati).

In termini fiscali le novità civilistiche del contratto di “Rent to buy” non hanno consentito di applicarvi una regolamentazione fiscale ad hoc. Pertanto l’impianto impositivo specifico trova la sua genesi nell’applicazione di norme in analogia. In termini tributari è necessario distinguere due casi:
  • contratto di locazione con clausola trasferimento della proprietà, vincolante per ambedue le parti;
  • contratto di locazione con clausola di opzione di proprietà per il conduttore e rispettiva imputazione a prezzo dei canoni versati (in misura concordata).

In riferimento al primo caso, qualora il concedente sia un soggetto Iva, per effetto dell'art. 2 comma 2, n.2, DPR 633/1972, “Costituiscono cessioni di beni le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue parti”. Pertanto, i canoni percepiti periodicamente devono essere soggetti a Iva poiché includono il corrispettivo dovuto per il trasferimento di proprietà. Differentemente, sempre considerando il primo caso, qualora il soggetto cedente sia un privato oppure un contribuente operante in regime di esenzione IVA, i canoni di locazione sono tassabili con l'imposta proporzionale di registro. Tale presupposto impositivo trova la sua genesi nell'articolo 1523 del codice civile, recante disposizioni in merito al “contratto di vendita a rate” con il quale “Il compratore acquista la proprietà della cosa pagata col pagamento dell'ultima rata del prezzo".
Nel secondo caso, ovvero qualora il trasferimento della proprietà dipenda dall'esercizio opzionale da parte dei contraenti, il pagamento dei canoni di godimento dell'immobile seguirà la tassazione tipica delle locazioni, viceversa il corrispettivo versato a titolo di “prezzo” (a rate o in unica soluzione), la tassazione specifica per i contratti di trasferimento a titolo oneroso.

In ambedue i casi potranno sfruttarsi, per i soggetti qualificati, le agevolazioni prima casa

CEDENTE
IVA
IMPOSTA DI REGISTRO
IMPOSTA CATASTALE
IMPOSTA IPOTECARIA
Impresa costruttrice/ristrutturatrice
-cessione entro 5 anni dalla sua realizzazione-
4%
€ 200
€ 200
€ 200
Impresa costruttrice/ristrutturatrice
-cessione OLTRE 5 anni dalla sua realizzazione-
4%
su opzione
€ 200
€ 200
€ 200
Impresa NON costruttrice/ristrutturatrice (es. commerciale)  +/- cessione entro 5 anni dalla sua realizzazione

ESENTE

2%

€50

€ 50
PRIVATO
ESENTE
2%
€ 50
€ 50


Lucio Steduto



lunedì 2 febbraio 2015

Imposte e IVA prima casa: le novità per il 2015

Novità dal 1° gennaio 2015 sul fronte prima casa e relative imposte ad essa attribuibili. Il Dlgs stabilità 2015 ha finalmente dato prova di una decisiva semplificazione per chi acquisterà casa nel corso del 2015. L’art. 33 del Dlgs n.175 del 21/11/2014 (c.d. dl semplificazioni), ha posto fine alla diversità di trattamento tra gli atti soggetti ad IVA e quelli soggetti a imposta di registro proporzionale. Fino all'anno 2014 l’agevolazione prima casa (imposta di registro € 200 e IVA al 4%) poteva essere concessa solamente sulla compravendita di immobili considerati “non di lusso”. Tale interpretazione trovava la sua genesi normativa nel DM Lavori Pubblici del 02/08/1969, che considerava immobili di lusso le unità unifamiliari di oltre mq 200 dotate di una rilevante area di pertinenza, gli appartamenti residenziali in unità condominiali con metratura superiore a mq 240. In pratica chi acquistava un immobile prima casa dalle caratteristiche “di lusso” era soggetto a imposta di registro agevolata a € 200 e IVA ad aliquota massima, 22%. Questo doppio binario ha creato spesso errate interpretazioni della normativa applicabile con effetti a volte, disincentivanti all’acquisto.
Dal 1° gennaio 2015 l’agevolazione prima casa può essere riconosciuta in base all’applicazione del criterio catastale, sia per l’IVA che l’imposta di registro, piuttosto che quello regolato dal vecchio DM Lavori Pubblici del 02/08/1969. Ad accezione delle unità abitative accatastate come A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (ville), A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio), è possibile beneficiare dell’IVA agevolata al 4% e dell’imposta di registro in misura fissa pari a € 200. Al momento dell’acquisto della prima casa, oltre alle precedenti imposta citate, si è soggetti anche imposta catastale e ipotecaria in una misura pari a quella verificabile nella tabella che segue.
CEDENTE
IVA
IMPOSTA DI REGISTRO
IMPOSTA CATASTALE
IMPOSTA IPOTECARIA
Impresa costruttrice/ristrutturatrice
-cessione entro 5 anni dalla sua realizzazione-
4%
€ 200
€ 200
€ 200
Impresa costruttrice/ristrutturatrice
-cessione OLTRE 5 anni dalla sua realizzazione-
4%
su opzione
€ 200
€ 200
€ 200
Impresa NON costruttrice/ristrutturatrice (es. commerciale)  +/- cessione entro 5 anni dalla sua realizzazione

ESENTE

2%

€50

€ 50
PRIVATO
ESENTE
2%
€ 50
€ 50

In sede di acquisto del proprio immobile bisognerà porre particolare attenzione anche al cedente. Se consideriamo a titolo di esempio una compravendita con un soggetto privato piuttosto che un’impresa costruttrice, l’imposizione fiscale complessiva sarà:

Unità abitativa € 100.000 valore dichiarato nel rogito notarile

PRIVATO
 – IVA = 0 – IMPOSTA DI REGISTRO = 100.000 x 2% = 2.000 – IMPOSTA CATASTALE = 50 – IMPOSTA IPOTECARIA = 50 – IMPOSIZIONE TOTALE = 2000+50+50 = 2.100

IMPRESA
IVA = 100.000 x 4% = 4.000 – IMPOSTA DI REGISTRO = 200 – IMPOSTA CATASTALE = 200 – IMPOSTA IPOTECARIA = 200 – IMPOSIZIONE TOTALE = 4000+200+200 = 4.400

A parità di condizioni (valore dell’immobile pari a € 100.000), la compravendita tra soggetti privati garantisce un risparmio d’imposta superiore al 50%


Lucio Steduto

mercoledì 28 gennaio 2015

Regime dei minimi 2015: cambiamenti in vista per i nuovi tassati al 15%

Nuove novità in arrivo per il neo-nato regime di tassazione forfetaria al 15%. Rispetto ai c.d. ex-minimi si è registrato un inasprimento della pressione fiscale soprattutto per i professionisti. La contribuzione di questi dal 1° gennaio è passata dal 5 al 15% con l’aggravante di una determinazione dei costi in maniera forfetaria (indipendentemente dalla loro effettiva sussistenza), con coefficienti di redditività (al pari di ricavi – costi) dal 40 all’86%. Il fenomeno dell’apertura delle partite iva “low cost” registratosi nei mesi di novembre e dicembre 2014, nonché le numerose polemiche a tutto svantaggio dei nuovi contribuenti, hanno portato il legislatore a ritornare sui propri passi. Il sottosegretario all’economia Luigi Casera ha annunciato che nel per il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio verrà utilizzata la delega fiscale con l’obiettivo di apportare significativi cambiamenti al regime in corso.


La misura su cui si concentrerà prevalentemente la delega fiscale riguarderà l’imposta sostitutiva al 15%, e, soprattutto, la modifica delle soglie di ricavi e compensi, che penalizzano in particolar modo proprio i professionisti che vedono dimezzato il limite (da 30mila a 15mila euro) rispetto all'anno e al regime precedente.

Il vero problema a questo punto riguarda tutti i soggetti che hanno iniziato l’attività al 1°gennaio 2015. Per questi, data la complessità dell’IVA in quanto tributo a liquidazione periodica, essa impatta in modo immediato sull’attività del contribuente. Un cambiamento delle regole in corso d’opera rischia di diventare un caos per professionisti e imprenditori che, scegliendo il regime ordinario al 1° gennaio (per mancanza dei requisiti) si ritroverebbero, a parità di condizioni, ad avere concorrenti con un regime di tassazione più agevolato. Gli “sfortunati” imprenditori di gennaio e febbraio sarebbero quindi costretti a mantenere un regime di “svantaggio” fino al 31/12/2015. Un caos del genere quindi rischia di ottenere un effetto boomerang. Chi è intenzionato ad aprire partita IVA per il momento starà a guardare alla finestra, una situazione che in un momento di crisi corre il rischio di disincentivare quei pochi imprenditori potenziali a entrare nel mercato.


LS

Popular Posts

SPEEDLUX. Powered by Blogger.